top of page
Immagine del redattoregianfilippo nigro

QUESTIONI DI PALMA: PARTE SECONDA

Cari lettori, ben tornati. Dove eravamo rimasti?

Nello scorso articolo vi ho parlato dell’olio di palma e vi ho lasciati con un grande interrogativo: ‘cosa c’è che non va nell’olio di palma?’

Sotto il profilo salutare, questo grasso, ha un ‘danno’ pari a tutti gli altri grassi utilizzati nell’industria alimentare, perciò il vero problema non è legato ai suoi effetti nell’organismo.

Ciò che non va nell’olio di palma non è l’olio bensì chi lo usa e come si coltiva la palma!



A spiegarcelo è direttamente Greenpeace, che da sempre è impegnata in prima linea nell’informazione e nella lotta alla sostenibilità dell’olio di palma, come afferma un articolo a riguardo sul suo sito:

‘’La crescente richiesta di olio di palma ha conferito molto potere all’industria indonesiana dell’olio di palma, favorendo l’espansione, in molti casi indiscriminata, delle piantagioni di palma da olio a discapito delle foreste torbiere, della biodiversità che esse ospitano e delle popolazioni locali.

Le foreste torbiere sono ecosistemi che accumulano nel suolo la torba, una sostanza organica costituita da materiale vegetale in stato decomposizione e saturo d’acqua. Le torbiere sono ricche di biodiversità e ospitano specie animali in via di estinzione, come l’orango (il più in pericolo), la tigre e il rinoceronte di Sumatra’’

Nell’articolo, tra l’altro, si legge che oltre alla biodiversità meritano opportuna menzione le pessime condizioni lavorative degli operai nelle piantagioni di palme da olio e le enormi quantità di gas serra prodotte durante la lavorazione, che rovinano il nostro clima.


COSA SI STA FACENDO PER PRESERVARE LA SALUTE DEL NOSTRO PIANETA E DELLE PERSONE?

Se a rispondere a questa domanda fosse un sostenitore della salute ecologica come Greenpeace saremmo indotti a pensare che l’impegno sia unilaterale. In realtà, molte aziende si stanno sempre più orientando verso una produzione sostenibile sia a livello ambientale che sociale ed il vostro GFood vi porta come esempio proprio l’impegno dell’azienda più ‘attaccata’ sotto questo punto di vista: la Ferrero©;

Il marchio agroalimentare più noto d’Italia ha deciso di continuare ad utilizzare l’olio di palma impegnando i suoi sforzi economici e ‘politici’ in termini di sostenibilità.

A questo punto, in nostro modo di vedere la questione dovrebbe cambiare perché quando aziende importanti prendono un impegno in prima linea, rispondendo alla disinformazione e tutelando il consumatore, l’ambiente e le persone, dovremmo tornare a sperare in un futuro migliore.


Sul suo sito, la Ferrero© dichiara:

‘’L’olio vegetale che utilizziamo nei nostri prodotti è esclusivamente olio di palma sostenibile e tracciabile. Ferrero sta lavorando in sinergia con i propri fornitori per approcciare una nuova strada che permetta di evitare la deforestazione, l’estinzione di specie, l’elevata emissione di gas serra o la violazione dei diritti umani. Siamo inoltre diventati membri del Palm Oil Innovation Group (POIG) , piattaforma di cui fanno parte ben 9 associazioni ambientaliste internazionali. L’adesione al POIG delle associazioni ambientaliste dimostra che non sono contrarie all’olio di palma di per sé ma lavorano insieme per promuoverne una produzione sostenibile’’.

Oltre alla Ferrero, al POIG aderiscono altre 137 aziende internazionali tra cui alcune molto note.

Questa organizzazione non mira alla certificazione, bensì al controllo frequente da parte di molti enti.


QUALI SONO LE PROPOSTE DEL POIG?

Sul suo sito, è possibile trovare cosa si propone e come agisce in termini pratici. Ma per tornare a farvi credere nell’umanità già in questo articolo, vi riporto i due pilastri fondamentali dell’organizzazione.

Il primo pilastro è la sua vision che, dalla fonte, risulta essere ’una catena di approvvigionamento responsabile che ha spezzato il legame tra la produzione di olio di palma e la distruzione di foreste e torbiere, lo sfruttamento delle comunità e dei lavoratori e il cambiamento climatico’.

I secondo pilastro è la mission, ossia ‘ottenere l'adozione di pratiche di produzione responsabili di olio di palma da parte di attori chiave della catena di approvvigionamento attraverso lo sviluppo e la condivisione di un parametro credibile e verificabile e la creazione e la promozione di innovazioni’.


IN PAROLE POVERE, COME VENGONO CONTROLLATE LE AZIENDE?

Il sistema del POIG, condiviso anche con Greenpeace e dalla Tavola Rotonda dell’Olio di Palma Sostenibile (una sorta di assemblea di produttori in cui tutti hanno definito gli obiettivi del buon olio di palma), si basa sulla pubblicazione di rapporti. Ciascun rapporto, dei quali l’ultimo è stato condiviso nel 2019, fa riferimento alle diverse aziende che aderiscono al POIG, ed attraverso dei parametri misurati in un anno descrive come queste si sono comportate nei confronti della coltivazione della palma, della produzione dell’olio e del rispetto dei lavoratori.

Nelle ultime pagine è anche stilata una classifica del più bravo, cosicché noi amanti del cibo possiamo controllare quale azienda utilizza un ‘buon olio di palma’.

Assieme al POIG anche altri enti, tra cui Greenpeace, stilano la propria classifica che vi invito a consultare e che, con molta gioia, (SPOILER ALERT) trova molte aziende italiane o con distribuzione in Italia ai primi posti.




COS’E’ UN BUON OLIO DI PALMA?

L’Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile risponde (meglio di come potrei farlo io) al quesito in 7 punti:

  1. olio con origini conosciute e quindi tracciabili;

  2. prodotto senza convertire foreste e nel rispetto degli ecosistemi ad alto valore di conservazione;

  3. prodotto con pratiche colturali rispettose delle foreste ad alto valore di carbonio;

  4. prodotto con pratiche agricole atte a preservare le torbiere;

  5. olio non proveniente dalla conversione in piantagioni di aree sottoposte ad incendi volontari;

  6. che protegge i diritti dei lavoratori, popolazioni e comunità locali, rispettando il principio del consenso libero, preventivo e informato;

  7. che promuove lo sviluppo dei piccoli produttori indipendenti.


Non ne avete abbastanza?

A fondo testo cito tutte le fonti da cui ho preso informazioni, divertitevi!


P.S. Questo articolo è volutamente impostato come fosse una ricerca perché alle volte, ora più che mai, dare voce all’informazione garantita è molto più importante di saperla elaborare (sperando non a modo proprio), buona lettura e alla prossima!


FONTI:



33 visualizzazioni

Post recenti

Mostra tutti

Comments


bottom of page