Il nostro viaggio tra microbiologia e cibo non può che iniziare dal pasto più importante della giornata. Ma è solo l’inizio di questo percorso: nei mesi che verranno, con i successivi numeri di questo piccolo opuscolo, tracceremo una linea temporale che unisce il mattino alla sera, la colazione alla cena e, di pasto in pasto, vedremo gli attori nascosti di una miriade di alimenti che quotidianamente popolano le nostre tavole. Sarà tutto riunito sotto un comune denominatore: la Tavola e i nostri amici microrganismi. Torniamo all’argomento principale di questo e dei prossimi mensili: la colazione. Oggi abbiamo voglia di Yògurt. Ma cosa e lo yògurt? È fondamentalmente latte fermentato, che viene riscaldato e inoculato con 2 batteri lattici vivi, il Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e lo Streptococcus thermophilus. Attenzione: batteri sì, ma buoni. Si parla di Yògurt, solo se all’interno del vasetto ci sono questi due amichetti vivi e vitali, altrimenti, se si utilizzano altri Batteri Lattici, si tratta di latti fermentati e non vendibile con la denominazione yògurt. Potrei riempire tutto il giornalino con la microbiologia di questo straordinario prodotto, ma preferisco lasciare a Google questo compito e raccontarvi qualche simpatica curiosità. Punto 1. Sapevi che uno yògurt contiene un minimo di 10 milioni di batteri lattici per grammo, che devono essere vivi e vitali fino alla data di scadenza riportata sulla confezione, oltre la quale è buono da mangiare ma con un numero di microrganismi inferiore? È consentita anche l’aggiunta di aromi, pezzetti di frutta, zucchero o miele in percentuale inferiore al 30% del prodotto finale. Punto 2. Con l’acca o senza? Secondo il vocabolario Treccani, si può scrivere in entrambi i modi: yògurt o yòghurt, anche se la prima e la più diffusa. Lo yogurt nasce in Asia e il suo nome viene dal verbo turco yoğur, che significa “impastare”. La variante con l’acca, invece, ha origine dalla grafia araba yōghurt. In italiano esiste anche la variante iogurt, con la i, molto meno comune delle altre. All’estero, invece, lo scrivono anche con la j: in tedesco, ad esempio, si dice Joghurt. Punto 3. Il primo Food-Blogger fu Plinio il Vecchio, in un passaggio della Naturalis Historia, parla di alcune popolazioni barbare in grado di “addensare il latte in una sostanza con un’acidità gradevole”. Molto probabilmente parlava dello yògurt. Punto 4. Un italiano su due al momento dello snack opta per lo yogurt (dati Nielsen, 2016), preferendolo persino al cioccolato. Questo spiega forse perché, solo nel 2016, nel nostro paese ne sono stati prodotti 1,9 miliardi di vasetti (dati: Assolatte).
Punto 5. Il cucchiaino fa la differenza. L’università di Oxford ha condotto un esperimento per scoprire quanto la percezione del sapore del cibo è influenzata dalle posate che usiamo per mangiarlo. I risultati più interessanti li ha dati lo yògurt. Con un cucchiaino di plastica leggero lo yògurt sembra più cremoso e più buono rispetto allo stesso yògurt, mangiato con un cucchiaino di metallo. Per indagare l’influenza dei colori hanno usato lo stesso yògurt in due colori: bianco naturale e rosa, con un colorante. Se il cucchiaino è bianco, lo yògurt bianco sembra più dolce. Se il cucchiaino è nero, è più dolce lo yògurt rosa. Quindi occhio alle posate! Potrei continuare con altre decine di punti, ma lo spazio mi è rapidamente terminato. Non mi resta che dirvi, per questa nostra colazione, di aprire un vasetto di yògurt, prenderne un cucchiaino e, prima di trangugiarlo, osservarlo con amore. Lì dentro vi sono miliardi di piccolissimi amici che raccontano storie e custodiscono capacità positive per il nostro organismo, dobbiamo essergliene grati. Sono le 7,15 e il vasetto dello Yogurt e ormai vuoto.
FRAGNO
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