Siamo in un bel bar con amici, naturalmente all’aperto e a distanza di almeno un metro gli uni dagli altri. Sono le 5 del pomeriggio e, da presunta tradizione inglese, quest’ora esige del tè. Ce lo servono con del miele, del bellissimo e profumatissimo miele. Ma siamo sicuri che questa “saliva delle stelle” sia solo opera dalle api? Senza nessun aiutino? Beh, intanto versiamone un bel cucchiaio nella nostra calda bevanda e mescoliamo.
Il miele dal punto di vista chimico è una soluzione satura di zuccheri (95-97% della sostanza secca), ma contiene anche una complessa miscela di aminoacidi, minerali, sostanze aromatiche, enzimi, vitamine, pigmenti, cera e polline, insomma, circa un centinaio di sostanze diverse in totale. Questi fattori non sono stabili e possono variare da campione a campione e soprattutto in base all’origine botanica. La bottinatura segna l’inizio di quel complesso processo che trasformerà il nettare, o la melata, in miele. Le sostanze zuccherine immagazzinate dall’ape nella borsa melaria o ingluvie (un sacco a parete estensibile costituito da una dilatazione dell'esofago), vengono trasportate nell’alveare, rigurgitate e passate diverse volte di ape in ape, di apparato boccale in apparato boccale (trofallassi) prima di essere deposte in una celletta per la maturazione finale. [Lo so, starete pensando “ma che schifo!”. Però continuate a leggere, suvvia, dopotutto anche il vino è il prodotto escreto dai lieviti che fermentano il mosto!]. La trofallasi, unita al microclima generato dal movimento delle api all’interno dell’alveare, favorirà la diminuzione del contenuto in acqua dall’80% iniziale sino a valori inferiori al 18%. La formazione del miele non si limita però ad una mera riduzione del contenuto in acqua del nettare. Avviene una vera e propria trasformazione chimica delle molecole presenti nel nettare e nella melata. Come i mammiferi, le api da miele ospitano un microbiota intestinale altamente specializzato. A differenza dei mammiferi, però, il loro microbiota è al tempo stesso sorprendentemente semplice e consistente, con 7 specie totali. Questo microbiota è composto da quattro Proteobacteria (G. apicola, S. alvi, F. perrara e B. apis), nell’ileo o intestino superiore; due Firmicutes (Lb. spp., Firm-4 e Firm-5) e un Actinobacterium (B. asteroides), nell’intestino retto. Queste posizioni specifiche suggeriscono che i batteri occupano diverse nicchie metaboliche nell’intestino delle api e che sono coinvolti in interazioni
sintrofiche precise. Le attività metaboliche del microbiota dell’ape sono fondamentali per le interazioni simbiotiche nell’intestino e influenzano lo stato di salute dell’ospite in svariati modi. Ma non solo batteri: tra i primi microrganismi non batterici a essere stati individuati nel microbiota intestinale di Apis Mellifera si trovano infatti: quattro specie di funghi (Penicillium frequentans, P. cyclopium, Aspergillus flavus, A. niger); vari eucarioti (Pandora delphacis, Mucor spp., Nosema ceranae, N. apis e Leishmania/Leptomonas spp.); se ne aggiungono altri come Ascomycota, Basidiomycota, Glomeromycota, Chytridiomycota, Zygomycota; a livello di phylum micotico e Saccharomyces tra i generi. Ma adesso torniamo a parlare in una lingua meno contorta e più semplice: durante la trofallassi, infatti, le escrezioni salivari delle api arricchiscono la soluzione zuccherina d’origine con diversi enzimi causando varie trasformazioni chimiche principalmente a carico degli zuccheri. I benefici nutrizionali conferiti dal microbiota alle api che lo ospitano includono degradazione di pectina e lignina. La disgregazione di questi due principali costituenti della parete cellulare dei granuli di polline consente alle proteine del polline di divenire assorbibili dai fortunati insetti. Molti altri enzimi dei batteri, come cellulasi, emicellulasi, glicosidasi, possono invece consentire alle api di utilizzare meglio l’energia contenuta nei componenti dalla loro dieta. I prodotti del metabolismo dal microbiota, come gli acidi grassi a catena corta, possono fungere da fonti energetiche e da composti neuroattivi, in grado di influenzare il comportamento e le funzioni cerebrali degli insetti. Quindi, sane funzioni metaboliche del microbiota concorrono ad un benefico esito sul corpo delle api e sull’aumento di peso del loro intestino. Nelle api con microbiota equilibrato, si è riscontrata una migliore sensibilità al saccarosio, un quantitativo di enzimi (diastasi, glucosio ossidasi, invertasi, idrolasi, etc.) presenti nell’ingluvie, e deputati alla modifica degli zuccheri, nettamente superiore al numero dei suddetti enzimi nell’apparato digerente di api con un microbioma meno equilibrato, cioè senza la presenza di buona parte dei microrganismi elencati precedentemente. Non solo, anche dopo l’estrazione del miele si è riscontrata una differenza nella maturazione: le modificazioni in termini organolettiche, chimiche e di colore sono risultate più repentine nel prodotto proveniente da api con microbiota maggiormente vario (cinetica delle reazioni 1.7 volte più rapida). Si è notato ancora come la produzione di miele sia più abbondante e rapida nelle api con un apparato digerente ricco di microrganismi. Benché non vi siano molti studi scientifici sul microbiota
presente nell’apparato boccale e primo tratto dell’intestino (Borsa melaria) delle api, i pochi presenti dimostrano come la sinergia tra il nostro amico insetto con batteri e funghi sia fondamentale per il suo stato di salute, consentendo a quest’ultimo di svolgere al meglio tutte le attività correlate alla sua sopravvivenza nonché alla produzione del miele. Dalle ricerche bibliografiche non sono emersi ulteriori studi scientifici che confermassero l’intervento diretto dei batteri e dei funghi, in simbiosi con le api, nelle modificazioni per l’ottenimento del miele dal nettare, ma possiamo desumere che vi sia di sicuro un beneficio indiretto causato da un miglior stato di salute dell’insetto, e che gli studi descritti e riportati in bibliografia siano solo preliminari ed aprano possibilità ad approfondimenti futuri.
Che il miele sia un meraviglioso regalo delle api non è in discussione, che magari siano coadiuvate in maniera diretta da qualche piccolo microrganismo…beh, ce lo dirà la scienza.
Intanto finite di bere il vostro tè, poggiate la tazza sul tavolino, prendete il barattolo del miele…ed iniziate a mangiarlo a cucchiaiate!
FONTI:
DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE E FORESTALI: Dottorato di Ricerca in Frutticoltura Mediterranea; “ANALISI DELLE POPOLAZIONI MICROBICHE RICORRENTI NEL MIELECICLO” -SSD AGR/16 –Microbiologia Agraria; DOTTORANDO Dott. Milko Sinacori;
https://www.microbiologiaitalia.it/batteriologia/api-microbiota-modello-per-luomo/
Si ringrazia per la collaborazione Azienda Agricola "Lamonarca" - Apicoltore Gabriele Grossi - Ruvo di Puglia e Terlizzi (Bari)
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