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Immagine del redattoreEr Gino

Il cielo in una stanza

Aggiornamento: 3 nov 2020

Ciao sclerati! In questo articolo devieremo un po’ dal tema principale della rubrica . C’è una cosa che più volte al giorno riempie le nostre giornate, e noi consapevolmente o meno, non riusciamo ad ignorarla. Questo succede perché essa ci tocca le corde dell’anima, ci consola quando siamo tristi, ci sveglia, ci rilassa o ci infastidisce talmente tanto da odiarla. Sto parlando della musa che ci seguirà finché proveremo emozioni, la musica! Se pensi che siano solo i pensieri di un romantico perso ti stai sbagliando, sono le neuroscienze a dimostrarlo. Il mitico cervellone dell’Homo sapiens reagisce agli stimoli nei modi più vari -vi sarà sicuramente capitato di ascoltare una canzone e avere la pelle d’oca o di non riuscire a smettere di battere il tempo con il piede- , tra questi stimoli, le frequenze, le melodie e i ritmi attivano una parte abbondante delle aree cerebrali oltre a scuotere il subconscio. Pare addirittura che ci siano delle specifiche aree neurali che più di altre si attivano in reazione all’ascolto della musica. Un’idea della sua potenza può essere suggerita dal divieto imposto nel 2007 alla maratona di New York: vennero vietati tutti i riproduttori audio poiché la musica era considerata dopante in quanto ha la capacità di aumentare le prestazioni psicofisiche. Ma non sempre il cervello si attiva all’ascolto, infatti se si tratta di un brano di Gigi d’Alessio l’encefalo si atrofizza…scherzi a parte, quando i musicisti improvvisano alcune regioni cerebrali si “spengono” per far funzionare meglio altre che creano nuove connessioni neurali. Questo fenomeno avviene anche in altri casi, come quando siamo totalmente concentrati in un’attivitá o in meditazione. Sono tanti ed affascinanti i fatti attorno a questo mondo, come la lunga diatriba riguardante la frequenza di accordatura standard: oggi la frequenza del “La” più utilizzata, nonchè riconosciuta dalla legge italiana (n.170 del 1989) è 440 Hz, ma anni fa ed anche oggi si suonavano altre frequenze come i 432, i 435 o i 450 Hz. Tra lo zar Alessandro I che desiderava ascoltare dei suoni più “brillanti”; Giuseppe Verdi che riteneva “più nobile, pieno e maestoso” un diapason leggermente più basso (432 Hz) rispetto al convenzionale (435 Hz); le ipotesi di imposizione nazista a causa dell’ammirazione di Hitler per Wagner e le teorie del “gomblotto” con i Rotschild e/o Rockefeller per soggiogare le menti, pare che queste frequenze siano qualcosa di veramente importante! Insomma, che si tratti di suoni binaurali, la voce di nostra madre, il suono della foresta Amazzonica o la reggaeton, il nostro cervello si modifica e reagisce a ciò che sentiamo. Data l’atmosfera neuroscientifica vi regalo una pillola -non abbiate paura, fa meno male di una mentina- riguardo gli psichedelici: questi riescono ad aumentare esponenzialmente la capacità delle terminazioni neurali di creare nuove connessioni intercellulari, nello specifico i dendriti. Concludo con un paio di amichevoli consigli: non drogatevi perché vi si bruciano i neuroni e se volete un cervello che funzioni di più e meglio prendete una chitarra, una pianola o il piffero che volete e imparate a suonare!

ER GINO

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