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Am(m)az(z)ing Amazonia

Aggiornamento: 15 mag 2020

Cari amici sclerati, questa volta voglio raccontarvi una storia.

Siamo nella Foresta Amazzonica, anno 2016.  Una tribù indigena di nome Surui Paiter combatte da sola tutte le imprese che si addentrano furtivamente, tagliano ciò che per la tribù è casa e se lo portano via, verso il mondo civile. Ma il problema della deforestazione illegale continua ad aumentare e a loro, sempre più in difficoltà nel fronteggiarlo da soli, non resta che chiederci aiuto. Si mettono, quindi, in contatto con Philippe Echaroux, un artista di strada francese per chiedergli che realizzi qualcosa che sensibilizzi la coscienza globale sul tema.

Non contenti, nel frattempo, decidono di sfruttare una scoperta da poco fatta in un Cafè del mondo nuovo: Internet. Così si mettono in contatto con Google, si fanno insegnare come usare degli strani aggeggi chiamati “telefoni cellulari” e iniziano ad inviare alle autorità competenti video in diretta dei disboscatori colti in flagrante per tenere in continuo aggiornamento Google Earth Engine- uno strumento cartografico che monitora lo stato delle aree verdi della terra ( andate a smanettarci un po’ su, è fighissimo). Ma torniamo all’artista di strada, voi mi direte  “senti Salmonè qui tra punto di non ritorno, Greta, la Siberia che brucia, l’Amazzonia che manco te lo dico, non è proprio il momento adatto per venirci a fare l’elogio alle bombolette spray”.. ma invece è proprio questo il punto: questo artista ha creato la Street Art 2.0.

I Surui lo avevano contattato con l’obiettivo di arrivare a quante più persone possibile e di certo, quindi, non poteva essere usata nessun’altra arte se non quella di strada: niente fronzoli, solo concretezza ed essenzialità. Graffitare la Foresta Amazzonica, però, non era di certo un’opzione percorribile e allora anche qui la tecnologia è corsa in aiuto. Philippe ha quindi fotografato i volti dei Surui e li ha proiettati sugli alberi, nella Foresta, nella loro stessa casa et voilá: è nato “The Blood Forest: Street Art 2.0”, un’ opera straordinaria, capace di evocare il profondo legame tra le popolazioni indigene e la loro dimora, la Foresta. Quei volti si lasciano modellare in maniera perfetta dall’irregolare disposizione delle foglie grazie al modo in cui la luce riesce a scivolare tra le varie foglie. Questa è Arte sostenibile: lasciare un segno indelebile senza intaccare una singola foglia, creare un messaggio eterno ma versatile (l’installazione viene infatti riproposta sugli alberi di tutto il mondo).

Viviamo in un’epoca dove si tende a demonizzare la tecnologia perché la percepiamo come il contrario della Natura. … Ma se provassimo ad invertirla, questa rotta? Beh, probabilmente non potremmo che risultare lungimiranti come una popolazione tribale, e all’avanguardia come un volto proiettato nella foresta.

SALMONELLA

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