Il 25 dicembre, nel cuore dell’inverno c’è una notizia che scuote i giornali, smuove e mette in subbuglio miliardi di persone. Il 25 dicembre accade qualcosa che non accade in nessun alto momento dell’anno: nasce Gesù! Già, ma non solo lui: qualche millennio fa, i ginecologi dell’Olimpo dovevano essere molto indaffarati in questo periodo: dall’Egitto alla Persia, dallo Yucatan alla Palestina mamme divine correvano in preda alle doglie del parto.
Gesù non è nato da solo, ma è pieno di ‘gemelli’, in ogni angolo del pianeta: Freyr, dio della bellezza, della fecondità e del sole nella cultura scandinava; Zarathustra, profeta e mistico iraniano, Horus, dio del sole nell’antico Egitto; Saturno, padre di tutte le divinità romane e simbolo del sole; Quetzalcóatl, dio inca dell’alba e della conoscenza … e ce ne sono veramente così tanti da poter riempire la pagina solo con i loro nomi e storie. Ma a cosa è dovuta, a fine dicembre, questa curiosa concentrazione demografica divina? Un indizio è sicuramente nell’unico elemento in comune tra le divinità citate e non: il sole. A ridosso del 25 dicembre si raggiunge il numero minimo di ore di luce, il solstizio d’inverno. E’ il cuore del gelo. E’ il momento in cui tutta la Natura tace: se non ci fosse il sole a sorgere, sarebbe inevitabile un senso totale di terrore, di fine, di morte (non a caso, da noi, molte tradizioni si concentrano nella notte di Natale). Non è una novità che è più facile superare i momenti bui se si ha la prospettiva di un futuro migliore, credo che ne facciamo esperienza ogni giorno. Di qui nasce il Natale: dall’esigenza di celebrare la bellezza del sole, quindi della vita, che sorge, tanto che i romani lo chiamavano dies natalis solis invicti, cioè giorno della nascita del sole invitto.
Gesù nelle vesti del dio-sole Apollo-Helios/Sol invictus, mosaico, Necropoli vaticana, III secolo d.C.
Insomma, la solita storia delle religioni create da uomini che non avevano la Scienza per cercare risposte più precise, non capivano niente di quello che gli accadeva intorno e, terrorizzati, inventavano dèi a cui affidarsi.
E se invece il mito, la religione fossero qualcosa di più profondo? Può essere che in quella grotta che ben conosciamo, come nei saturnali di venticinque secoli fa non ci sia nessun desiderio di rinunciare a cercare delle risposte. Religione è esprimere attraverso dei simboli e dei concetti, ciò che né la scienza né la letteratura riescono a fare. D’altronde… perché festeggiamo il Natale? Perché ne è contagiato anche chi non è né cristiano, né romano, né azteco? Sentiamo qualcosa di più profondo: oltre le luci, oltre i presepi, oltre la neve, oltre i pranzi, c’è una profonda innominabile reazione dell’uomo: di fronte alla morte della natura, cerchiamo di unirci per riaffermare la vita, cerchiamo la nascita di qualcosa, il più luminoso e gioioso possibile.
DRUPO
Due uomini sul mare all’alba, C. Friedrich, 1818
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